sabato, 21 giugno 2025

 

I 1700 anni del Concilio di Nicea, fra pluralità e comunione

di don Vincenzo Rubino
vice direttore di Archivio storico, Biblioteca e Museo diocesano di Oria

Ricorrono i 1700 anni del Concilio di Nicea, il primo dei Concili ecumenici e che ha segnato una svolta una decisiva per la storia della Chiesa. Forse sarebbe meglio parlare di più svolte sotto differenti punti di vista. Come tutti i cambiamenti anche Nicea non fu privo di aspetti controversi.

Fu convocato dall’imperatore Costantino per ricomporre la crisi ariana che stava flagellando le chiese orientali dell’Impero. In precedenza non erano mancati sinodi locali o provinciali che affrontassero determinate dispute dottrinali ed ecclesiali. Per la prima volta venne convocato un concilio per tutte le chiese, universale, dell’ecumene, ossia dell’Impero stesso. Fu convocato da quell’autorità che fino a qualche decennio prima si faceva promotrice di periodiche persecuzioni contro i cristiani. Esso doveva prendere in esame un problema dottrinale di vitale importanza perché metteva in discussione la figura centrale della fede cristiana: Gesù Cristo e il suo rapporto con il Padre. Una controversia tutta interna alle comunità cristiane veniva affrontata sotto l’egida di Costantino, il quale da pontifex maximus aveva tutto l’interesse a mantenere unita una Chiesa che fosse da collante per un Impero che da poco aveva ritrovato la sua unità sotto un unico sovrano. La scelta della sede è indicativa da questo punto di vista. Nicea non era una grande città e non rappresentava di certo un luogo significativo dal punto di vista ecclesiastico; ma era molto vicina alla sede imperiale di Nicomedia e ospitava la residenza estiva dell’imperatore. Molto probabilmente fu proprio in questo luogo che si tennero le sedute conciliari. Costantino concepì evidentemente il Concilio come una sorta di consilium imperiale, un consiglio di esperti dove chi decideva alla fine era ovviamente l’imperatore. Diverso doveva essere l’approccio dei vescovi per i quali doveva trattarsi di un concilio di vescovi. Per lo storico Klaus Schatz questa «doppia struttura» fu il contenitore dei «futuri conflitti» che si generarono successivamente. Per Giovanni Filoramo e l’edizione dei Conciliorum Oecumenicorum Decreta, l’assise quasi certamente iniziò il 19 luglio e non il 20 maggio, come invece indicato da alcuni anche in epoca recente. Si tratta di un errore imputato allo storico Socrate che scrisse sul concilio all’incirca un secolo dopo.

Non possedendo gli atti, ammesso che siano mai esistiti, abbiamo informazioni frammentarie sullo svolgimento delle discussioni e dei lavori, su chi li abbia presieduti, nonché sugli effettivi partecipanti. La tradizione posteriore ha indicato la presenza di 318 padri, ma si tratta di un numero simbolico, una reminiscenza biblica che richiama i 318 servi di Abramo (Gn 14,14). In realtà il numero approssimativo superò di poco i 200. La provenienza di essi era sbilanciata per la quasi totalità verso l’Oriente, mentre dall’Occidente arrivarono solamente Osio di Cordova, stretto consigliere di Costantino, due presbiteri, Vito e Vincenzo, in rappresentanza del vescovo di Roma, il vescovo Ceciliano di Cartagine e altri tre vescovi. Del Concilio ci sono giunti 20 canoni inerenti temi cocenti per la vita ecclesiastica di allora. Essi riguardano la disciplina del clero, le ordinazioni dei presbiteri e dei vescovi, la gestione dei casi di apostasia durante le ultime persecuzioni. Oltre ai canoni abbiamo una lettera redatta per le chiese d’Egitto, nella quale, affrontando lo scisma di Melezio, si condannavano le tesi ariane e soprattutto si stabilizzava la controversia sulla data della Pasqua che veniva fissata alla domenica successiva al primo plenilunio di primavera.

Senza dubbio il documento più importante e gravido di conseguenze del Concilio fu il Simbolo diretto contro la dottrina ariana in modo particolare nelle espressioni riguardanti il Figlio: «Dio vero da Dio vero» e «della stessa sostanza (homousios) del Padre». Il Simbolo fu promulgato dall’imperatore e inserito nella legislazione imperiale: chi si fosse opposto avrebbe perso la propria carica e sarebbe stato costretto all’esilio.

Nel descrivere il grande banchetto conclusivo offerto da Costantino, Eusebio di Cesarea celebrava la ritrovata unità della Chiesa all’interno dell’Impero come immagine del «Regno di Cristo». Ma le controindicazioni dell’intervento imperiale non si fecero attendere. Dal 328 Costantino cambiò la sua politica nei confronti dell’arianesimo e poco prima di morire si fece battezzare da Eusebio di Nicomedia, un vescovo ariano. Furono alcuni dei sui successori, come il figlio Costanzo o Valente, a favorire gli ariani a discapito dei sostenitori della fede nicena, che si ritrovarono isolati e oggetto di vessazioni. Ne è di esempio la vicenda di Atanasio, vescovo di Alessandria e strenuo difensore del Simbolo niceno, che fu costretto più volte all’esilio. Del resto, la stessa professione di fede di Nicea incontrò non poca resistenza nella sua ricezione. A distanza di qualche decennio, nelle Gallie Ilario di Poitiers sembrava addirittura ignorarne l’esistenza. Solo dopo più di mezzo secolo con ulteriori riflessioni all’interno delle chiese, grazie soprattutto ai Padri cappadoci, la dottrina nicena, ampliata e chiarita nel Concilio di Costantinopoli del 381, divenne la base della Professione di Fede della Chiesa Universale.

Il Concilio di Nicea, quindi, fu allo stesso tempo un punto di arrivo e un punto di partenza. Celebrarlo a distanza di 1700 anni vuole dire sottolineare tanti aspetti che ci riguardano come Chiesa nel 2025. Ci mette ulteriormente in guardia dai condizionamenti dei poteri temporali. Ci ricorda che i cambiamenti necessari a progredire nella vita e nella conoscenza del mistero cristiano hanno i loro tempi e devono essere sempre accompagnati da una profondità di preghiera, di studio, di riflessioni e di discussioni anche vivaci nella pluralità e nella comunione.

Bibliografia

  • Conciliorum Oecumenicorum Decreta, Bologna, EDB, 2013.
  • Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica, Roma, Città Nuova, 2001.
  • Socrate, Storia ecclesiastica, Roma, Città Nuova, 2021.
  • Klaus Schatz, Storia dei concili. La Chiesa nei suoi punti focali, Bologna, EDB, 1999 (2012).
  • Hubert Jedin, Breve storia dei Concili, Brescia, Morcelliana, 2023.
  • Storia dei Concili ecumenici, Roma, Città Nuova, 2014